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Ultime Notizie

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La profonda religiosità della popolazione si rinviene nelle feste religiose: quella del patrono San Giorgio il 23 aprile, preceduta da una grande fiera campionaria e la processione di Sant'Antonio il 13 giugno con la parata dei carri fioriti in onore del Santo.

La festa religiosa della Madonna Grande "Shemrija Madhe", la vergine degli Albanesi, che si celebra il 16 agosto, è al centro degli eventi estivi: tra questi il tradizionale festival albanese a cura del Comitato Feste, la Rassegna delle espressioni arbëreshë della pro-loco Munxhufuni, le rassegne espositive, i convegni e gli eventi culturali, come il concorso "San Giorgio e Skanderbeg", il concerto annuale del gruppo folklorico-corale "La Kamastra", organizzati dalla Amministrazione Comunale, dalla rivista Kamastra e del Centro Sociale "Gjaku Shprishur".

Tra gli appuntamenti gastronomici si ricorda la sagra delle "Droqe" che si svolge il 14 agosto, richiamando ogni anno centinaia di visitatori e buongustai.

 Tradiciunet

18 Mars: Zjarmet Shën Xhusepit/18 Marzo: Fuochi di San Giuseppe 23

Priu: Festa Patrunit Shën Gjergji /23 Aprile: Festa patronale San Giorgio

13 Xhunj Përsiuna Shën Andonit ma qeret të veshuret/13 Giugno Processione di Sant' Antonio con Sfilata dei carri addobbati

Të sprasëmiet shtun e diel ta lujët – Kujtome gjestet Skanderbegut dhe garë ma kuejllët nga Shoqata Kulturore "Equites Sancti Millenni"/Ultimi sabato e domenica di luglio - Rievocazione storica delle gesta di Skanderbeg e gara equestre a cura di "Equites Sancti Millenni"

Dal 1 al 16 Gusht: Ferje të Gushtit Arbëresh/ 1 al 16 Agosto: Ferragosto Arbëresh

14 Gusht: Sagra Droqëvet. A bën "Pë Horën" Munxhufunit /14 Agosto: Sagra delle Droque. A cura della Pro Loco di Montecilfone

14 Gusht natën: Vehet mbë këmb ka klisha Shëmriës Madhe Këmarin. A bën klisha Shën Gjergjit/14 Agosto notte: Pellegrinaggio al Santuario della Madonna Grande, Nuova Cliternia di Campomarino. A cura della Parrocchia San Giorgio Martire

Dy her ka viti, ka dimbri e ka staxhuna.

Festival Arbëresh. A bën klisha Shën Gjergjit A febbraio e in agosto. Festival del Grifon d'Oro. A cura della Parrocchia San Giorgio Martire

11 Novembër: Markati Shën Mërtirit /11 Novembre: Fiera di San Martino

 

 

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Chi visita Montecilfone per la prima volta ha immediatamente la sensazione di trovarsi in un'oasi linguistica. Un cartello bilingue posto all'ingresso del paese costituisce il biglietto da visita, un invito ad entrare, a visitare i luoghi e soprattutto a immergersi in un clima festoso ed accogliente, per conoscere la storia di queste popolazioni attraverso le tradizioni, i loro usi e costumi.

Posto su una collina a 405 metri sul livello del mare, il paese che nei documenti più antichi è annotato con varianti diverse di uno stesso nome di probabile derivazione longobarda "Montem Golfum", "Castri Gjlphoni", "Montis Zilfoni", dista circa 18 chilometri dal Mare Adriatico, in una posizione geografica privilegiata, adagiato com'è, al centro delle tre colline che costituiscono il suo territorio. Nel territorio di Montecilfone si trovano diverse grotte sotterranee, recentemente esplorate, e ci si può rilassare nelle molteplici radure che consentono soste e passeggiate. Gli abitanti, circa 1500, sono cordiali, ospitali e generosi. L'ospitalità, ritenuta sacra e codificata negli antichi codici del diritto consuetudinario, è un elemento essenziale della cultura arbëreshë.

Il bosco di Corundoli

Ancora integro nella sua vegetazione, all'ingresso del paese, Corundoli, antico possedimento dei Cavalieri di Malta è uno dei boschi più interessanti del territorio bassomolisano, non solo per le varietà arboree, ma anche per la presenza di alcuni particolari endemismi dell'area mediterranea.

Storia Arbereshe

La fuga e l'eroe Era la fine del 1400. Dall'inizio del secolo, e ancora prima, si combatteva l'avanzata turca in Europa. Il più grande esercito dell'epoca, quello ottomano, era guidato da Murat I e successivamente dal figlio Maometto II. Entrambi erano animati dal desiderio di estendere il proprio dominio, per conquistare quello che un tempo era il glorioso Impero romano d'occidente. I principati della terra delle Aquile, l'allora Albania, erano divisi e soggiogati dall'espansione turca. Anche Giorgio Castriota, principe della città-fortezza di Kruja, da giovane era stato fatto prigioniero dagli ottomani e avviato alla carriera militare. Come comandante dell'esercito turco Giorgio Castriota era stato soprannominato Generale Alessandro, Iskander Bay, paragonato per intelligenza e capacità militare ad Alessandro Magno. E quel nome in patria si trasform&ograve; presto in Skënderbej. All'apice del successo per&ograve; Skanderbeg decise di disertare dall'esercito ottomano e di fermarlo. Finchè fu in vita Skanderbeg, la più grande potenza militare dell'epoca non riusc&igrave; mai a superare l'invincibile resistenza messa in atto dall'eroe albanese. Sostenuto dal papato, da Venezia, dal Re di Napoli e da altre potenze europee, con un manipolo di trecento fedelissimi soldati e di poche migliaia di uomini, per oltre vent'anni, vinse decine di battaglie nell'aspro territorio albanese. Soldati fedeli al servizio del regno di Napoli Skanderbeg con i suoi uomini giunse in Italia più volte, in particolare nel 1462 ebbe un ruolo determinate per sedare la rivolta dei Baroni che sovvertiva il regno dell'amico Ferdinando d'Aragona Re di Napoli, detto Ferrante. Ottenne in segno di riconoscenza ampi possedimenti in Italia meridionale, tra questi Monte Sant'Angelo, sul Gargano, il più importante santuario dell'epoca. Ma fu solo alla morte di Skanderbeg che si verific&ograve; l'esodo più massiccio di albanesi, non più soldati, ma profughi che sfuggivano all'avanzata turca. La riconoscenza dei Re Nei primi anni del &lsquo;500 la regina Giovanna d'Aragona, moglie del Re di Napoli Ferrante II, nei suoi feudi dotali di Guglionesi e Isernia, richiam&ograve; molti albanesi. A Guglionesi si stanziarono nella zona più alta del paese, presso la cinta muraria del Portello, e si organizzarono in forma autonoma anche dal punto di vista urbanistico. Cattolici di rito greco&ndash;bizantino, adattarono infatti alle esigenze di tale culto la chiesa di San Pietro. La testimonianza della loro fede viene resa da un celebre trittico in legno su fondo oro, opera di un artista albanese ivi dimorante, Michele Greco da Lavelona (Valona). La preziosa tavola reca la seguente scritta: "Hoc opus factum fuiti tempore domini liberatoris archipresbiteris San Pietri, sub anno incanationis 1508". La grande ricostruzione Gli albanesi, per vari motivi, tra i quali la difficile convivenza con le popolazioni locali, ma soprattutto per la necessità che aveva l'Università di Guglionesi di aumentare le proprie rendite, furono mandati a ripopolare i casali distrutti dal terribile terremoto del 1456 e dalle pestilenze, per dissodare e mettere a frutto i terreni incolti. Questa fu la ragione principale del ripopolamento dei casali di Montecilfone, Torre Francara e Portocannone. Ma non solo. Ururi, Campomarino e Santa Croce di Magliano, furono altre località ripopolate da albanesi, richiamati in quei territori dai feudatari laici o ecclesiastici, come Andrea da Capua che avendo acquistato il casale di Campomarino, lo aveva assegnato nel 1495 ad una colonia di albanesi. Lo stesso dicasi di Ururi, già mensa vescovile della diocesi di Larino, fu anch'esso assegnato in enfiteusi "per l'annuo censo di ducati trecento" al capitano albanese Teodoro Crescia, "per lui ed i suoi discendenti in linea diretta", nel 1561. <Una memoria preziosa Le popolazioni albanesi, insediatesi nei territori assegnati, fondarono agglomerati urbani molto simili a quelli dei paesi d'origine. La struttura urbanistica che caratterizzava le abitazioni e lo stile di vita di queste popolazioni era la Gjtonja, un quartiere dove si svolgeva la vita sociale degli abitanti, con una tipologia propria delle abitazioni costruite su due piani con scale esterne e loggiato, ancora esistenti nel centro storico di Portocannone e Campomarino. Nel corso dei secoli la popolazione albanese si è unita a quella locale. Oggi, di quella antica stirpe, solo la lingua ne conserva la preziosa memoria.

La lingua arbëreshë

Gli anziani, in modo particolare, sono tra gli abitanti, coloro che più frequentemente, e a volte esclusivamente, comunicano nell'antico idioma illiro, nonostante la località abbia perso da oltre 300 anni il rituale bizantino, la cui precoce soppressione avvenuta ufficialmente nel Sinodo di Benevento del 1696 ha determinato anche un impoverimento della lingua e della cultura tramandata solo oralmente per cinque secoli da una generazione all'altra.

Cosa vedere: la chiesa di San Giorgio e piazza Skanderbeg L'unica chiesa oggi esistente a Montecilfone, edificata al centro del paese a ridosso dell'antico insediamento, è intitolata a San Giorgio, il martire della Cappadocia il cui culto viene collegato all'eroe albanese Giorgio Kastriota Skanderbeg le cui gesta eroiche in difesa del Cristianesimo dall'aggressione mussulmana nel 1500, sono ancora visibili nella toponomastica del nucleo abitativo originario. Piazza Skanderbeg e il corso Skanderbeg, sono infatti la piazza principale ed il corso del centro storico. E' proprio su questo percorso che ogni anno, l'ultima domenica del mese di luglio, si snoda il corteo storico curato dall'associazione Equitis Sancti Millenni e volto a rievocare la storia, le vicende, i combattimenti, la gloria dell'eroe.

 

 

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Santa Cristina Patrona di Campomarino La storia e la leggenda si intersecano nella Bolsena del IV secolo d.C. Il culto di S.Cristina appartiene come altri al genus cos&igrave; detti ab immemorabili,la cui origine cioè non è precisamente databile. Cristina fa parte di quel gruppo di Sante Martiri la cui morte e i cui supplizi patiti si imputano ai padri cos&igrave; snaturati da infliggere alle proprie figlie i più crudeli tormenti dando addirittura loro la morte. Da scavi archeologici eseguiti tra il 1880 e il 1881 nella grotta posta sotto la Basilica di Santa Cristina in Bolsena si è accertato che il culto per la Martire era già presente nel IV sec. All'interno delle catacombe è contenuta una statua giacente in terracotta dipinta ed il sarcofago dove furono rinvenute le reliquie del corpo della Santa.

Le versioni della passio di Cristina sono discordanti.

Quella greca la dice originaria di Tiro, la latina di Bolsena. A suffragare questa seconda ipotesi sta il fatto che nella cittadina laziale di cui è patrona, fin dal IV sec si è sviluppato un cimitero sotterraneo intorno al sepolcro di una Martire Cristina. Il racconto della passio è considerato favoloso e di culto ab immemorabili &ndash;come conferma anche il parroco di Campomarino &ndash;Don Rosario Candigliota &ndash;e narra di una undicenne che il padre fece rinchiudere in una torre con dodici ancelle per preservarne la bellezza. In realtà questa misura viene adottata dal genitore per costringere la figlia ad abiurare la fede che aveva abbracciato: il Cristianesimo. Alla morte del padre che aveva fatto più volte torturare Cristina, pur di farla ritornare agli antichi culti, le autorità si accanirono ancora di più su di lei mettendola a morte. Sotto l'impero di Diocleziano (243-312) una fanciulla di nome Cristina, figlia di Urbano, Magister Militum di Bolsena era stata rinchiusa dal padre insieme con altre adolescenti in una torre affinchè venerasse i simulacri degli dèi come se fosse una vestale. Ma l'undicenne Cristina in cuor suo aveva già conosciuto e aderito alla fede cristiana, si rifiut&ograve; di venerare le statue e dopo una visione di angeli le spezz&ograve;. Invano supplicata di tornare alla fede tradizionale, fu arrestata e flagellata dal padre magistrato , che poi la defer&igrave; al suo tribunale che la condann&ograve; ad una serie di supplizi, tra cui quello della ruota sotto la quale ardevano le fiamme.Dopo di ci&ograve; fu ricondotta in carcere piena di lividi e piaghe; qui la giovane Cristina venne consolata e guarita miracolosamente da tre angeli scesi dal cielo.Risultato vano anche questo tentativo, lo snaturato ed ostinato padre la condann&ograve; all'annegamento, facendola gettare nel lago di Bolsena con una mola legata al collo. Prodigiosamente la grossa pietra si mise a galleggiare invece di andare a fondo e riport&ograve; alla riva la fanciulla, la quale calpestando la pietra una volta giunta, lasci&ograve; (altro prodigio) impresse le impronte dei suoi piedi; questa pietra fu poi trasformata in mensa d'altare.Di fronte a questo miracolo, il padre scosso e affranto mor&igrave;, ma le pene di Cristina non finirono, perchè il successore di Urbano, il magistrato Dione, infier&igrave; ancora di più. La fece flagellare ma inutilmente, poi gettare in una caldaia bollente piena di pece, resina e olio, da cui Cristina usc&igrave; incolume, le fece tagliare i capelli e trascinare nuda per le strade della cittadina lagunare, infine trascinatala nel tempio di Apollo, gli intim&ograve; di adorare il dio, ma la fanciulla con uno sguardo fulminante fece cadere l'idolo riducendolo in polvere.Anche Dione mor&igrave; e fu sostituito dal magistrato Giuliano, che seguendo i suoi predecessori continu&ograve; l'ostinata opera d'intimidazione di Cristina, gettandola in una fornace da cui usc&igrave; ancora una volta illesa; questa fornace chiamata dal Bolsenesi &lsquo;Fornacella', si trova a circa due chilometri a sud della città; in un appezzamento di terreno situato fra la Cassia e il lago, nel Medioevo fu inglobata in un oratorio campestre.Cristina fu indomabile nella sua fede, allora Giuliano la espose ai morsi dei serpenti, portati da un serparo marsicano, i quali invece di morderla, presero a leccarle il sudore, la tradizione meno realistica della leggenda, vuole che i serpenti si rivoltarono contro il serparo mordendolo, ma Cristina mossa a pietà, lo guar&igrave;.La leggendaria &lsquo;passio' dice che Giuliano le fece tagliare le mammelle e mozzare la lingua, che la fanciulla scagli&ograve; contro il suo persecutore accecandolo. Infine gli arcieri, come a s. Sebastiano, la trafissero mortalmente con due frecce. Questo il racconto leggendario della &lsquo;passio' redatta non anteriore al IX secolo, il cui valore storico è relativo. Le reliquie ebbero allo steso modo un destino avventuroso, furono ritrovate nel 1880 nel sarcofago dentro le catacombe poste sotto la basilica dei Santi Giorgio e Cristina, chiesa risalente all'XI secolo e consacrata da papa Gregorio VII nel 1077.Le reliquie del corpo, anzi di parte di esso sono conservate in una teca, parte furono trafugate nel 1098 da due pellegrini diretti in Terrasanta, ma essi giunti a Sepino, cittadina molisana in provincia di Campobasso, non riuscirono più a lasciare la città con il loro prezioso carico, per cui le donarono agli abitanti.Questo l'inizio del culto della santa molto vivo a Sepino, le reliquie costituite oggi solo da un braccio, sono conservate nella chiesa a lei dedicata; le altre reliquie furono traslate tra il 1154 e 1166 a Palermo, che proclam&ograve; la martire sua patrona celeste, festeggiandola il 24 luglio e il 7 maggio; la devozione dur&ograve; almeno fino a quando non furono scoperte nel secolo XVII le reliquie di santa Rosalia, diventata poi patrona principale. A Sepino, s. Cristina viene ricordata dai fedeli ben quattro giorni durante l'annoA Bolsena, s. Cristina viene festeggiata con una grande manifestazione religiosa. Ab immemorabili pure nella cittadina di Campomarino (CB) il culto della giovane Martire. I riti si celebrano nel corso di tre giornate. La vigilia della festa, il 23 luglio una grande processione dedicata tradizionalmente a s. Anna si snoda lungo le strade addobbate.Il giorno della Patrona dopo la S. Messa del pomeriggio nella Chiesa madre S. Maria a Mare una solenne processione cui partecipa una folla di fedeli, si svolge per le strade e le piazze di Campomarino. Processione in cui viene portato a spalle il busto raffigurante la Santa finchè esso non ritorna nella Chiesa. Il saluto alla giovane martire avviene con un gioco di fuochi d'artificio. E' tradizione ancora oggi imporre il nome Cristina ad almeno un membro femminile della famiglia. <font color="#ff0000">La &lsquo;passione' di S. Cristina ha costituito un soggetto privilegiato da parte degli artisti di ogni tempo, come Signorelli, Cranach, Veronese, Dalla Robbia, i quali non solo la rappresentarono in scene del suo martirio con i suoi simboli, la mola, i serpenti, le frecce, ma arricchirono con le loro opere di pittura, scultura e architettura, la basilica a lei dedicata, maggiormente dopo avvenuto il miracolo eucaristico.

Bibliografia e Fonti : l' Avvenire, Antonio Borrelli 11 luglio 2004; Paolo Mastracchio, Feste Cicliche e rituali Casa editrice Delta 3, 2000 18 &ndash;

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Shën Krëstina Shejta Këmarinit Storja dhe legendja venjën bashkë ta Bolsenja të i katërit shekullit p. K. Kulti Shën Krëstines bën piesë ta ata &ccedil;ë thuhen ab immemorabili, vjen ma dirtur ke ngë dihet kur u leh. Krëstinja ishtë ta ato Sheitrat Martiret &ccedil;ë vëdiqën ma turmende pë dorë të jatrat kështu pa zëmër &ccedil;ë vran të bijtë. Skavet arkeoloxhiket bënur ta vitrat 1880 &ndash; 1881 ta funkat ndën Basilikës Shën Krëstines të Bolsenës thonjën ke dëvëciuna pë Sheitën ishi xha ta i katri shekulli. Brënda katakombet u gjënd një statu mbë bot pituor dhe një sarkofag taku ishën relikujet të Martires. Di janë vërsuniat të ajo &ccedil;ë thuhet sipër passio Krëstines: ajo greke a do kana Tirës, ajo lëtire a do kana Bolsenës. I gjëndurit ta hora Bolsenës të një kamsand ndën dheut torna tombës njëja Martires Krëstina, mund qien të thuhet ke të lejturit janë lëtirë. Ade Don Rosario Candigliota, prifti Këmarinit, kunfërmon ke rakondi Krëstines tërbiret ta moti. Thuhet ke një vajzë qeti mbujtur ta një turiun bashk ma dudë&ccedil; vajzetra të ruojën të bukurit të asaja. Të fërteta ishi inve&ccedil;u ke prindi a mbujti pse dishi tët rënëgoj Krëstianesëmin. Kur vëdiqi jati, &ccedil;ë buta torturojti Krëstinën, autoritatat pë të a turnojën ta kultrat të vjetrat a urën ta kriqa njëra &ccedil;ë a vran. Ndën Dioclexianit (243-312) një vashëz mbë emër Krëstina a bija të Urbanit, Magister Militum Bolsenën, u mbjet mbujtur bashk ma nja di vajzetra pse jati dishi ke kish bëj dëvëciun ta kultrat të vjetrat talu ndë ishi një vëstal. Krëstina &ccedil;ë, ta zëmra a saja u kish xha bënur kristiane, ngë dot diti më relixhiunën e statuat të mi pari, e pas &ccedil;ë pa anxhëlet (ëngjëllet) ëndërraz &ccedil;ajti simulakret. Ta mos një manier dot u turnua ta kulti të tradiciunës, qeti tërguor ta car&ccedil;ari dhe turturuor ta jati mahxistrat, trëbunaj a kundanojti të bëj një shekull suplixie, ade atë ma rotën ndë ta ku ishën flakat ziarr. Pas këta turmende vajti njetër herë ta car&ccedil;ari plo ma piaga; këtu Krëstinja qeti kunsuluor e shëruortur ta tre ëngjëlletrat kaluor ta qelleza. Kur jati pa ke vajza ngë vëdisi buta derdi ta lagu Bolsenënës ma një morxh a madhe ta gurmazi. Pë mërakullë guri i madhi ngë vej posht ma galëxhioj aq ke qejti ta riva vajzën. Krëstina kur &ccedil;akanovi gurin u mbjet sipër forma këmbës të asja; morxhia u bëh autar. Përpara këtë mërakullit jati u shkund e vëdiqi, ma turmendet të Krëstinës ngë u sosën, pse maxhëstrati Dioni, &ccedil;ë erdi pas Urbanit i bëri ade më aflëciuna. A uri ta një kallare ma pe&ccedil; rezën e vaj taku Krëstinja doj salvu, i buta preu lesh e strashnuor pishkuriq da udhat horës, pas ta tempi Apolit i tha të adhuroj, ma vajzetja si a varejti statua u bëh plëh. Ade Dioni vëdiqi dhe pas erdi maxhistrati Xhulian &ccedil;ë ngë lëri të turmëndoj Krëstinën. A derdhi ta një furna&ccedil;e taku u salvua &ccedil;ë vien a sëritur ta Bulsanezërat Furna&ccedil;ela e gjëndet di kilomëtre posht horës, e ta Medioevi a urën ta një oratorij kampestër. Krëstinja mbjetshi krëstiane e Xhuliani buta kieti gjalprat Krëstinja &ccedil;ë i lëpitn djersit inve&ccedil;u t' a zëjn mu&ccedil;ka. Passio thote ade ke Xhuliani i buta preu sisat e gjuhën &ccedil;ë Krëstinja i derdhi pas e a &ccedil;ikojti. Pas ar&ccedil;ierët talu Shën Sëbastianit, ma di fre&ccedil;ia a vëran. Qi rakundi të passio &ccedil;ë qeti shëkruor jo mipari sekullit IX. Rëlikujet patën ade vet një storje dëfi&ccedil;ëlu. U gjëndën ta viti 1880 ta sarkofagu brënda katakombet posht basilkes të Shejtërvet Gjergj dhe Krëstinja, kish të shekullit XI e kunxakruor ta papi Gregori VII ta viti 1077. Rëlikujet kurmit jan vluor ta një teke, ma &ccedil;ertu i morën di pelegrinëra &ccedil;ë vejn ta Terasantja, e prëz Sepin të Këmvashit ngë mund lërën më horën ma rëlikujet &ccedil;ë i rëalojtën këmvashanërat. Qi i lejturit kultit Shejtës i ngjall Këmarin, Sepin dhe Bolsen. Rëlikujet vjie ma dirtur një krah gjënden ta kisha a saja, tjetrat jan Palerm &ccedil;ë a duojti patrune &ccedil;eleste ma festën i 24 lujt e i 7 të majt. Sepin Shën Krëstina fëstexhohet katër dit vitin. Bolsen i bën Shën Krëstines një manifestaciun relixhoz shum a madhe. Ab immemorabili ade Këmarin kulti të Martires vashaz. Ritet venjën avandu pë tre dit. Vixhilja festës i 23 lujt një prësjun a madhe Shën Anës travërson udhat dubuor. Dita Patrunes pas Meshës ta kisha Shën Mëria ta Deti, del prësjuna a madhe, taku marnjën pies shum gjindra. Prësjuna travërson udhat e qacat të Këmarinit njera Kishës e statua Shën Krëstines qehet ta patelet. Këtu fërmohet statua Shën Krëstines. Saluti Martires vashëz bëhet ma një bukur sparë. Ade sonde ngë u sos tradiciuna ti uhet emëri Shejtes vashëvezt &ccedil;ë lehen ta fëmija. Passio Shën Krëstines qeti unuruor ta një shekull artistra të nga motra. Signorelli, Cranach,Veronese, Dalla Robbia nga raprëzëndojtën ta mertirjet ma simbulet tal molja, gjialprat, fre&ccedil;at, ma bëgatën piturat skulturat të kishat a saja, mëshumna pas mirakullit.

 

19 Mars: Autaret Shën Sepit /18 e 19 Marzo: Altari di San Giuseppe

25 Prill manatet shpejt: Vehet mbë këmb ta Shëmrija Madhe /25 Aprile Pellegrinaggio a Madonna Grande all'alba Majt: Zjarret të Shën Mikeit Maggio: Fuochi di San Michele

Gushtit: "Këmarini hora verës" /Agosto: "Campomarino città del vino"

14 Gushtit: Natën vehet mbë këmb ta Shëmrija Madhe/ 14 agosto notte: Pellegrinaggio a Madonna Grande

8 Dëxhembër, 6 Jinar: Prësepet ta hora Vjetër, i bën Shoqata Hora Vjetër / 8 Dicembre, 6 gennaio: I Presepi del Borgo, a cura dell'Associazione Borgo Antico

 

 

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Udha Kulturore /Itinerario culturale

Visita alla cripta della Chiesa Madre Santa Maria a Mare. L'edificio di epoca romanica custodisce nei sotterranei affreschi raffiguranti i Santi Demetrio e Nicola e pregevoli capitelli. Santa Maria a Mare è situata nel centro storico ed è la via di accesso al Paese vecchio. Qui è possibile apprezzare le antiche costruzioni e i Murales di artisti locali che colorano il borgo. 

 

Udha i miri të hahet e pihet /Itinerario enogastronomico

Visita con degustazione alle cantine con tappa al bosco "Le Fantine", sito naturale di interesse comunitario (Sic). Campomarino, città del vino, vanta la presenza di rinomate aziende vitivinicole le cui bottiglie hanno ricevuto premi e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale.

 

Le cantine:

Cantine Borgo di Colloredo, C.da Zezza 8/B, tel. 0875 57453

Cantina Cliternia Scarl &ndash; C.da Nuova Cliternia, 70, tel. 0875 57106

Di Majo Norante &ndash; C.da Ramitelli 4, tel. 0875 57208

Cantine Di Tullio &ndash;C.da Cianaluca 33, tel. 0875 539258

Cantina Traini &ndash; C.da Ramitelli 180, cell. 328 6849701

 

Udha sportive/ Itinerario sportivo

Passeggiate a piedi. Agli amanti del walking si propongono due percorsi: Footing lungo i 14 km del litorale di Campomarino che comprendono una distesa pineta e tratti di macchia mediterranea e dune. Camminate salutari attraverso i sentieri del Bosco Le Fantine territorio che pu&ograve; vantare vincolo di interesse naturalistico come zona SIC (sito di interesse comunitario). 

Passeggiate a cavallo. Per gli appassionati di equitazione non mancano strutture attrezzate che consentono di praticare questo sport: segnaliamo il Maneggio Il Quadrifoglio e il Maneggio di O

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Proteso come una terrazza su una distesa di mare azzurro Campomarino, letteralmente campo sul mare, trae il suo nome proprio da questa particolare posizione geografica.

Cosa vedere

La chiesa di Santa Maria a Mare, ultimo baluardo della spiritualità bizantina, con le sue cuspidi tipiche dell'arte romanico &ndash; gotica e la sua imponente struttura, si specchia nelle acque prospicienti e domina il paese sottostante e le spiagge. Costruita in epoca romanica, la chiesa di Santa Maria a Mare custodisce nella cripta alcuni affreschi che rappresentano i Santi Demetrio e Nicola. L'edificio sacro nel corso dei secoli ha subito diverse modifiche architettoniche per adeguare i suoi spazi alle esigenze del rito bizantino praticato dalle comunità albanesi che arrivarono intorno al 1400 nella zona. L'attuale struttura, invece, risale al 1700, quando la soppressione del rito bizantino fece s&igrave; che si tornasse alla suddivisione originaria degli spazi. Campomarino è un paese che nei secoli ha sempre perpetrato le antiche tradizioni osservandole con rispetto e conservandone i valori. Ancora oggi nel centro storico, è possibile rintracciare elementi degli antichi usi e costumi e gli stessi gesti che caratterizzavano la quotidianità della Gjtonja o meglio il tipico quartiere arbëresh. La struttura architettonica delle case, infatti, con piccoli poggi dove le donne si raccoglievano per svolgere le tradizionali arti femminili, cos&igrave; come la distribuzione degli edifici lungo le viuzze del borgo antico ricordano ancora oggi l'antico insediamento arbresh. A ricordare le attività dei primi coloni di Campomarino è stata la pittrice Liliana Corfiati che, grazie alla tecnica del murales, ha raccontato sui muri delle casette del borgo antico la storia e la vita degli arbëresh sin dal loro arrivo in Molise.

 

Un po' di storia

Un'antica leggenda vuole che il paese sia stato fondato da Diomede, il mitico eroe omerico che di ritorno dalla guerra di Troia avrebbe sposato la figlia del re Dauno. La sua tomba si trova nelle vicine isole Tremiti, dette anche Isole Diomedee, ed è custodita dagli omonimi uccelli marini. La vera e propria città di Campomarino ha radici più recenti. Da alcuni scavi archeologici effettuati in località Difensola è emerso un abitato paleolitico risalente all'età del ferro XII-XI sec. a. C. ed una località romanica identificabile con Cliternia, come viene attestato dalla tipologia dei ritrovamenti. Nell'XI secolo la piccola città fu scelta dai Cavalieri Templari che ebbero nella zona molti possedimenti testimoniando il passaggio dei pellegrini e dei crociati diretti in Terra Santa. Successivamente il centro abitato sull'Adriatico sub&igrave; l'occupazione dei longobardi e dei normanni.

 

Arbëreshë in Molise

Tra tutte le popolazioni che transitarono per Campomarino quelle che contribuirono maggiormente al popolamento della zona e quelle che vi si stanziarono definitivamente furono proprio quelle albanesi provenienti dall'altra sponda del mare Adriatico intorno al XV secolo. Si cre&ograve; cos&igrave; un interessante sincretismo culturale tra le popolazioni che già abitavano queste zone e le nuove colonie provenienti dai Balcani. Gli arbëreshë portarono con sè una religiosità fatta di rituali della tradizione greco-bizantina. Resti di alcuni elementi del culto bizantino sono ancora oggi riscontrabili nei ruderi di un'antica cappella intitolata ai Santi Pietro e Paolo. La presenza massiccia degli arbëreshë nella città adriatica e il forte senso di appartenenza ha fatto s&igrave; che l'amministrazione comunale abbia dedicato al celebre eroe albanese, Giorgio Castriota Skanderbeg, una delle vie più importanti della città.

 

La lingua arbëresh a Campomarino

Quel che resta oggi delle antiche gesta dell'eroe Skanderbeg e della sua discendenza di genti fiere e tenaci è l'antica e nobile lingua arbëresh. Resistendo nei secoli, pur nella sua forma esclusivamente orale, l'arbëresh è un idioma che negli ultimi decenni ha subito un rapido declino a causa dell'aumento della popolazione proveniente dai paesi limitrofi, attratta dagli insediamenti produttivi della adiacente zona industriale e dallo sviluppo turistico del paese. E' quindi possibile trovare persone che parlano ancora la lingua arbëresh solo tra le fasce più anziane e tra gli studiosi della lingua e delle tradizioni.

 

Campomarino Oggi

Insignita quasi ogni anno della bandiera blu d'Europa, l'area di Campomarino Lido rende il Comune uno dei più preziosi paesi dell'area arbëreshë. L'intera zona costiera del piccolo Comune pullula di campeggi, alberghi residence e strutture ricettive pronte ad accogliere i turisti con le esigenze più diverse. Recentemente l'offerta turistica della zona è stata migliorata grazie alla costruzione di un porticciolo adiacente alla pineta che consente l'approdo e il rimessaggio di barche a vela e yacht. A rendere famosa Campomarino in Italia è anche il celebre bouquet dei vini prodotti nella zona cos&igrave; come il pregio dei suoi vitigni. E' proprio la particolarità del terreno fertile e dell'aria resa mite dalla presenza del mare a fare delle produzioni di ortaggi e frutta di Campomarino un fiore all'occhiello della tipicità biologica molisana.

 

 

Sportello Linguistico

Lo Sportello Linguistico Regionale(SLR) per le minoranze linguistiche storiche del Molise, nasce per tutelare le comunità di lingua e cultura Arberesche;  (Campomarino-Motecilfone-Portocannone-Ururi) e quelle di lingua e cultura Croata (Acquaviva Collecroce-Montemitro-San Felice del Molise)